CIELO E ACCIAIO – Fotografie di Irene Avaltroni

Cielo e acciaio è una selezione di venti fotografie a colori del corpus che Irene Avaltroni ha realizzato nella seconda metà del 2017 e nel 2018, durante le ispezioni e anche le pause di lavoro nei cantieri di Aarhus e Copenhagen (Danimarca), dove è in corso la costruzione rispettivamente di una tramvia e di una metropolitana o, magari, durante i brevi viaggi di ritorno a Roma. Immagini che appartengono al suo quotidiano di ingegnere civile e architetto con una dichiarata e autentica curiosità verso il linguaggio fotografico. Mishima, in Sole e acciaio, scrive: “Ciò che vidi non fu affatto un’illusione soggettiva ma, necessariamente, il frammento di una nitida visione collettiva. Parole che, prese in prestito (anche nel titolo stesso della mostra), restituiscono il senso di una ricerca interiore intuitivamente poetica. “Il mio sguardo, incontrando quel cielo azzurro che si muoveva e oscillava, era penetrato per un istante nel pathos del creatore”, scrive ancora il grande scrittore giapponese. Negli scatti di Avaltroni la durezza dell’acciaio, declinato nelle forme dei bulloni, dei ponteggi, delle barre, dell’armatura, delle canaline, delle staffe, delle gru, delle passerelle, dei supporti, dei tubi, dei ganci, dei chiodi, delle corde, delle ganasce perde la sua anonima fierezza per assumere una fisionomia metaforica. Uno sguardo gentile (ma non edulcorato) si appropria di quelle forme, che in alcuni casi diventano come pattern reiterati, per trasformarle in visioni fugaci eppure lucidamente reali. Un giardino fiorito, un tunnel sospeso, un vortice astratto: geometrie che si rincorrono, riformulando il confine tra il mondo interiore della fotografa e ciò che la circonda. Immagini così vicine e incredibilmente lontane.

(Manuela De Leonardis)


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Giocando con l’identità: Artisti contemporanei dell’Oman – Hassan Al Meer & Muzna Al Musafir

Giovanna Pennacchi è lieta di presentare la mostra

Giocando con l’identità: Artisti contemporanei dell’Oman.
Hassan Al Meer & Muzna Al Musafir

a cura di Manuela De Leonardis11 – 31 ottobre 2018Inaugurazione alla presenza degli artisti
11 ottobre ore 18,30

L’abito civile, culturale e giuridico di un popolo si esprime nella voce “identità culturale”. Una identità che va difesa dalla globalizzazione, ma anche dai pregiudizi, dalle chiusure e
dall’autoreferenzialità. A stimolare una interessante riflessione sull’argomento ci pensano i due artisti omaniti che presentano il loro lavoro per la prima volta in Italia – a settembre hanno preso parte al festival Castelnuovo Fotografia – raccontando la loro contemporaneità attraverso il paradosso, l’ironia e una genuina vena di umorismo.
La mostra è organizzata in collaborazione con il festival Castelnuovo Fotografia e Stal Gallery & Studio, Muscat (Oman).


L’abito civile, culturale e giuridico di un popolo si esprime nella voce “identità culturale”. Un’identità che va difesa dalla globalizzazione, ma anche dai pregiudizi, dalle chiusure e dall’autoreferenzialità. A stimolare un’interessante riflessione sull’argomento ci pensano i due artisti omaniti Hassan Al Meer e Muzna Al Musafir che presentano il loro lavoro per la prima volta in Italia, raccontando la loro contemporaneità attraverso il paradosso, l’ironia e una genuina vena di umorismo. “Giocando con l’identità” è il titolo-manifesto della mostra, in cui il termine stesso di giocare allude alla benefica leggerezza della forma con cui viene espresso il contenuto. Geograficamente l’Oman si trova nell’Asia sud-occidentale, nell’angolo sud-orientale della Penisola Arabica – tra lo Yemen e gli Emirati Arabi Uniti – e si affaccia sull’Oceano Indiano; dal punto di vista politico è un sultanato. Qābūs ibn Sa‛īd è il sultano che regna dal 1970, a cui si deve la totale indipendenza del paese dal regime di semi protettorato inglese, seguita dalla sua progressiva modernizzazione che, tuttavia, è stata promotrice solo parzialmente dell’emancipazione della donna. Il forte legame con il passato è visto come “identità culturale” anche attraverso segni esteriori, come indossare la dishdasha (la tunica con le maniche lunghe, prevalentemente bianca e con il tassello imbevuto di franchincenso) per gli uomini che è interdetta agli stranieri e alle donne con il cappello islamico chiamato kuma. Mentre le donne, pur non avendo l’obbligo di indossare il niqab (altrove chiamato chador e burqa), sfoggiano abiti occidentali sotto l’abaya e hanno per lo più il capo coperto. A questi aspetti della tradizione, nel suo continuo confronto con l’occidente, si riferiscono sia Hassan Al Meer con la serie fotografica Ambiguity (2005) che Muzna Al Musafir con il video Niqab (2010) e gli stills. Entrambi esprimono la complessità e le contraddizioni di questo confronto ricorrendo all’autorappresentazione. Il paradosso con cui gli artisti, nella loro inquieta ricerca esistenziale, devono fare i conti si rivela nello sdoppiamento di Al Meer che contemporaneamente indossa sia l’abito occidentale (giacca e pantaloni neri) che quello tradizionale (dishdasha bianca e kuma). Un dialogo tra sé e sé che si svolge davanti ad un tavolo su cui sono poggiati un piatto vuoto e un piatto pieno di carbone. Al centro un pesciolino nuota “libero” nel vaso di vetro trasparente. L’Io sussurra nell’orecchio dell’artista: il nero carbone (che non è certamente commestibile) rimanda per la sua natura fossile ad un’idea di stratificazione, ma anche di energia. Dal lato opposto c’è un pesciolino dorato, simbolo del femminile, che lo stesso protagonista osserva attentamente. Due aspetti che convivono nella struttura dell’individuo tra compromessi e conflittualità. Analogamente Muzna Al Musafir, come davanti ad uno specchio, è una giovane donna che interpreta tanti personaggi femminili. E’ romantica, maliziosa, aggressiva, emancipata, conservatrice. Al ruolo simbolico della maschera è demandato il riferimento esplicito al gioco delle parti. Anche il velo nero ha un ruolo chiave: assorbe la sua figura inghiottendola nel buio più assoluto. Immagini ambigue che inquadrano personaggi pirandelliani sicuri di sé nell’esprimere il dubbio, così fragili e allo stesso tempo sempre più forti.

Manuela De Leonardis


Hassan Al-Meer è nato nel 1972 a Muscat (Oman), dove vive e lavora. Nel 1999 si è laureato in Media Art al Savannah College of Art and Design di Savannah (Stati Uniti), conseguendo il master nel 2000. Nel 2012 è stato artista in residenza alla Delfina Foundation di Londra. E’ promotore di vari eventi con cui ha promosso ed incoraggiato l’arte contemporanea in Oman: Circle (2005), City & street (2007), Oryx Caravan (2010) e Ibex Caravan (2013). Attualmente è il direttore artistico della Stal Gallery & studio di Muscat. Il suo lavoro Cake-project (2012) è pubblicato nel libro CAKE. La cultura del dessert tra tradizione Araba e Occidente / The dessert culture between Arabic and Western traditions (Postcart 2013) Il suo lavoro Looking at sweet confusion (2012) è pubblicato nel libro CAKE. La cultura del dessert tra tradizione Araba e Occidente / The dessert culture between Arabic and Western tradition (Postcart 2013). Tra le mostre più recenti: 2016 – Reflection of the Other, Stal Gallery, Muscat (Oman); Do it Arab, Sharjah art Museum; 2015 – There Are Too Many Walls But Not Enough Bridges, Kunst(Zeug)Haus Rapperswil (Svizzera); 2014 – View from Inside – FOTOFEST 2014, Houston (USA); 2012 – 25 years of arab creativity, Institut du monde arabe, Parigi; Arab Express, Mori Museum, Tokyo; Work marry remember, AB Gallery, Zurigo; 2011 Roaming Images, Macedonian Museum of Greece Contemporary Art, Biennale di Thessaloniki; VIDEO: VISIONS, Venezia/New York/Berlin; 2010 – Menasart Fair Libano; Memory lines, Al-Markya Gallery (Qatar); Once Upon a Time, Bait Muzna Gallery, Muscat (Oman); 2009 – Contemporary Oman Art, AB Gallery Lucerna/Zurigo; Bangladeshi Biennale, Dakha (Bangladesh); Faces of the Unknown, Bait Muzna Gallery, Muscat (Oman); Jordan Festival Amman (Giordania); 2007 – Art Paris-Abu Dhabi (UAE); 8th Biennale Internazionale di Sharjah.

Muzna Al musafir è nata nel 1987 a Muscat (Oman), dove vive e lavora. Si è laureata all’Università del Kuwait specializzandosi in Comunicazione di Massa. Nel 2011 ha frequentato corsi di cinema svedese e cultura televisiva all’Università di Stoccolma. Il suo primo cortometraggio Niqab (2010) è stato il vincitore della competizione studentesca al Gulf Film Festival di Dubai. Il secondo, Cholo (2014), è stato premiato all’Abu Dhabi Film Festival e proiettato in varie rassegne, tra cui lo Smithsonian Institute, National Museum of African Art di Washington e Institute du Mond Arabe di Parigi. Ha partecipato a varie mostre collettive, tra cui alla Stal Gallery di Muscat, Place of silence (2015) e Reflection of the Other (2016). E’ membro del consiglio direttivo dell’Oman Film Society


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FUGGENTI FIGURE – Fotografie di Arda Asena, Edoardo Cozzani, Dani Lessnau

Giovanna Pennacchi è lieta di presentare la mostra

FUGGENTI FIGURE

Fotografie di Arda Asena, Edoardo Cozzani, Dani Lessnau

A cura di Allen Frame

Dal 5 al 28 giugno 2018

Inaugurazione martedì 5 giugno ore 19.00

 

I tre fotografi presentano nuovi lavori in cui le figure appaiono sospese in una atmosfera come in trance. Sono immagini fortemente soggettive, sfuggenti e di sapore mitico.

Arda Asena, di Istanbul, costruisce in studio inquietanti ritratti, come ad esempio mettendo in posa una figura elaboratamente velata, in uno sfondo drammatico e contemporaneamente indefinito. Lo stesso autoritratto dell’artista, nudo, è sensuale ed enigmatico, come la figura di un sogno, ravvisata in uno spazio oscuro e intimo della psiche.

Edoardo Cozzani, romano, ritrae antica statuaria e paesaggi contemporanei, animandoli con un approccio de-costruttivo che comporta immagini sfocate, stratificate, ad esposizione multipla. Soggetti che dovrebbero sembrare fissi e immobili diventano momentaneamente e misteriosamente vivi.

Dani Lessnau tralascia la macchina fotografica tradizionale usando invece una camera stenoscopica per catturare immagini in bianco/nero di incontri intimi, come fossero radiografie del desiderio e della libido.

Questo rende particolarmente complesso il concetto di musa ispiratrice in fotografia. L’artista operando in modo ricettivo e controllato, ottiene immagini grezze e formali allo stesso tempo.

Fuggenti Figure è la seconda parte dell’impegno curatoriale di Allen Frame, che sta trascorrendo un anno a Roma, in una residenza dell’Accademia Americana. Egli stesso fotografo, insegna a New York in diverse scuole di fotografia, incluso l’International Center of Photography.

Come nella precedente mostra da lui curata presso Acta International, Fuggenti Figure esplora le nuove tendenze di fotografi emergenti che hanno studiato presso l’ICP di New York, istituto un tempo ben noto per la sua enfasi sul reportage fotogiornalistico, oggi all’avanguardia nelle tendenze sperimentali e concettuali

della fotografia artistica. Il lavoro dell’artista trasforma la nozione di realtà in personali evocazioni di mito, sogno, sessualità e identità.


Giovanna Pennacchi is pleased to present the exhibition

FUGGENTI FIGURE

Photographs by Arda Asena, Edoardo Cozzani, Dani Lessnau

Allen Frame, Curator

From 5 to 28 june

Opening Tuesday, June 5 at 7 PM

Three photographers present new work that depicts figures suspended in a trance-like atmosphere; the highly subjective images seem both mythic and fleeting.

Arda Asena, from Istanbul, constructs unsettling portraits in the studio, posing an elaborately veiled figure in an dramatic but undefined setting. The artist’s own nude self-portrait, also included, is sensual and enigmatic, like a dream figure encountered in a dark, private chamber of the artist’s psyche.  

Edoardo Cozzani, from Rome, depicts ancient statuary and contemporary landscapes, animating them with a deconstructive approach that involves blur, layering, and multiple exposure. Subjects that would seem immobile or fixed become provisional and mysteriously alive.

Dani Lessnau eschews a traditional camera, instead using a pinhole camera to capture black and white images of intimate encounters, like x-rays of desire and the libido. They complicate the notion of the photographer’s muse. The artist is both receptive and in control; the images are both raw and formal.

Fuggenti Figure is the second part of a curatorial effort by Allen Frame, a photographer himself who is spending the year in Rome in a residency at the American Academy. He teaches photography in New York at several schools including the International Centre of Photography. Like his previous show, Illusione Persistene, (April 13-May 5), Fuggenti Figure explores new directions by emerging photographers who attended ICP. Once known for its emphasis on photojournalistic reportage, ICP is now at the forefront of experimental and conceptual directions in fine art photography. The artists’ work in both exhibitions transforms notions of reality into private evocations of myth, dream, sexuality and identity.

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GUARDARE ATTRAVERSO – Fotografie di Nicoletta Tempesta

Giovanna Pennacchi è lieta di presentare la mostra

GUARDARE ATTRAVERSO

Fotografie di Nicoletta Tempesta

A cura di Rosanna Russo

Dal 10 al 26 maggio 2018

Inaugurazione martedì 10 maggio ore 19.00


La mostra si inserisce nel progetto portato avanti dall’associazione culturale Acta International allo scopo di offrire visibilità a giovani artisti emergenti. Il lavoro della giovane fotografa pugliese Nicoletta Tempesta nasce e si concretizza attraverso gli studi intrapresi in campo fotografico uniti alla sua forte passione per l’arte. Oltre agli scatti di carattere documentaristico, il visitatore sarà accompagnato in un percorso che indagherà la complessità delle emozioni nel rapporto tra il museo e i suoi riflessi, i riflessi di statue antiche che riempiono l’ambiente con fascino e mistero, con il quale l’artista crea un legame segreto.

‘‘Lei era lì, davanti a me, eppure il mio sguardo non era fisso su di lei, non era diretto, era filtrato, riflesso, deviato: sembrava la stessi spiando. La osservavo, timida, quasi nascondessi un segreto. Uno sguardo ci aveva unite, e l’intimità che si era creata la volli immortalare in uno scatto.‘’

Così la fotografa pugliese descrive il suo legame, immortalato dai suoi scatti, concentrandosi sul valore e lo spessore della relazione intima e segreta. È proprio questa relazione il cardine centrale della sua filosofia fotografica, dalla scelta del background ai vari soggetti, dai contrasti alle varie sfumature.


This exhibition is part of the project brought forward by the cultural association Acta International with the goal of offering visibility to emerging young artists. The work of the young Apulian photographer, Nicoletta Tempesta, began and has taken form through her studies in the photographic field, coupled with her strong passion for art. Beyond her documentary shots, the viewer will be accompanied on a journey that will investigate the emotionally complex relationship between the museum and its reflections—reflections of ancient statues that fill the environment with charm and mystery, with which the artist creates a secret bond.

”She was there, in front of me, and yet my gaze was not fixed on her, it was not direct, it was filtered, reflected, deviated: she seemed to be spying. I watched her, shy, almost hiding a secret. A look had united us, and I wanted to capture the intimacy that had been created in a shot.”

So, does the Apulian photographer describe her bond, immortalized by her shots, focusing on the value and depth of her intimate and secret relationship. This relationship is precisely the fulcrum of her photographic philosophy, from her choice of backgrounds to her various subjects, from contrasts to various nuances.

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ILLUSIONE PERSISTENTE – Fotografie di Gabriele Giugni, Federico Grandicelli, Michela Palermo

Giovanna Pennacchi è lieta di presentare la mostra

ILLUSIONE PERSISTENTE

Fotografie di Gabriele Giugni, Federico Grandicelli, Michela Palermo

a cura di Allen Frame

13 aprile – 5 maggio 2018

inaugurazione 13 aprile, ore 19

Le figure urbane di Gabriele Giugni, riprese nelle strade, di notte, sembrano scene di un sogno, tagliate come in un film, con personaggi in una situazione di fuga, catturati durante il momentaneo bagliore di un semaforo o di una insegna al neon. Mentre le figure intime, granulose, di Michela Palermo sono fugaci primi piani, sospesi nella oscurità astratta di situazioni cinematografiche non elaborate, riposte nei ricordi. I fotogrammi di gelatina d’argento di Federico Grandicelli hanno una immediatezza materiale, dopo essere stati Piegati in forme scultoree, una sorta di indice di un paradosso, oppure possono essere stampe appese al muro, con visioni tonali di sottile manipolazione

I tre fotografi hanno studiato, in momenti diversi, all’International Center of Photography di New York, una scuola e al tempo stesso un museo, fondato dal fotografo della Magnum Cornell Capa, collegato ora tanto con le nuove tendenze della fotografia d’arte quanto con il reportage Il curatore, il fotografo Allen Frame, insegna all’International Center of Photography Al momento sta completando il periodo di un anno di residenza alla Accademia Americana di Roma. Nel 2014 ha preso parte, assieme ad altri due fotografi, ad una mostra presso Acta International. Con tale associazione culturale ora collabora svolgendo un ruolo diverso, come curatore di due mostre, la seconda delle quali si inaugura il prossimo5 giugno e presenta anche questa volta tre giovani promesse in campo fotografico.

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